ACQUA: BOLLETTE ILLEGITTIME?

Girolamo Fazio

Girolamo Fazio

TRAPANI – Le bollette che il Comune invia ai contribuenti trapanesi in riferimento alla fornitura del servizio idrico potrebbero essere illegittime. Alcuni cittadini si starebbero rivolgendo alle associazioni dei consumatori e, anche, al Giudice di Pace per aver ridotto l’importo del canone addebitato. Si tratta di una vicenda di enorme rilevanza per le casse del Comune atteso che dai canoni del servizio idrico l’Amministrazione di Trapani incassa oltre 3,5 milioni di euro annui (dato 2005).

Ma quale sarebbe l’atto illegittimo dell’Amministrazione del capoluogo?

Come tutti i contribuenti sanno, in riferimento alla fornitura del servizio idrico, il Comune che gestisce direttamente, a Trapani, il servizio (altrove, Erice e Valderice ad esempio, il servizio è invece fornito dall’EAS) addebita in bolletta un "consumo minimo" ("impegno minimo") e poi, qualora i consumi misurati superassero tale "consumo minimo", addebita un’eventuale "eccedenza".

Un’operazione non certo possibile, quest’ultima – quella della misurazione ed addebito dell’eccedenza – ove i contatori installati, a causa di guasti o della loro obsolescenza, non consentano la lettura.

Ed a Trapani, delle oltre 15.500 utenze attive, la maggior parte ancora non sono fornite di contatori idonei alla lettura. Non è un caso che lo scorso 18 ottobre (vedi comunicato stampa) l’Amministrazione abbia annunciato d’aver varato un bando di gara (scadenza 22 novembre 2007) per l’acquisto di 8.500 nuovi contatori, per un valore di oltre 435.000 euro.

In questa storia s’inseriscono, prima la legge 36 del 1994 (cosidetta "legge Galli") e quindi la delibera CIPE (Comitato Intermisteriale per la Programmazione Economica) n. 52 del 2001(scaricabile da questo link) che, in sostanza, affermano che è necessario avviare un "percorso di eliminazione del minimo impegnato".

Il Comune di Trapani ha applicato (dal 2004) la Direttiva CIPE procedendo alla graduale eliminazione del minimo impegnato (144 mc annui nel 2003, 114 mc nel 2004 e 76 per il 2005), e, contestualmente, alla previsione di "scaglioni di consumo" ed all’aumento della tariffa applicata per talii scaglioni oltre il "minimo impegnato".

Tuttavia, atteso che per molte utenze (nel 2004 quasi tutte, rilevato che il Comune, dichiarazione del Difensore Civico, ha sostituito 5.000 contatori solo nel 2006 e 4.000 nel 2007), il Comune non è in grado di effettuare la lettura dei consumi e quindi determinare eventuali eccedenze di consumo oltre il "minimo impegnato", l’Amministrazione, per non perdere introiti, ha pensato bene (per se, o male per i contribuenti) di addebitare una sorta di "acconto" su consumi in eccedenza "presunti".

Tutto ciò con l’impegno – scrive in bolletta il Comune – che "… i minori consumi verranno calcolati a conguaglio con riferimento alle prossime letture disponibili". Anche il difensore civico, dott. Giuseppe Alcamo, appositamente interrogato da un cittadino, l’8 novembre 2006 (vedi comunicato stampa) assicura che "in sede di conguaglio, ove la lettura del contatore sia possibile, l’utente pagherà il consumo realmente effettuato; mentre, se ancora la lettura non sarà possibile, il Comune, come potrà essere stabilito in delibera di G.M. ancora da adottare, rimborserebbe la somma pagata a titolo di eccedenza”.

Orbene, rilevata l’aleatorità della frase del difensore civico ("come potrà essere stabilito in delibera di G.M. ancora da adottare": che vuol dire "potrà"?) ci si domanda come si potrà fare un "conguaglio" (e la restituzione del consumo fatturato in acconto ma non consumato) se manca l’elemento principale per il conteggio: il dato della lettura iniziale. Insomma, se il vecchio contatore è obsoleto ed illegibile ed il nuovo (da installare), ovviamente, parte da "zero" come si calcola il "conguaglio"?

Il dubbio ci perseguita anche atteso che siamo già nel 2008 ma nessuno ci dice come e quando saranno rimborsati gli acconti sull’eccedenza non dovuti per gli anni 2004 e 2005 già bollettati e, nella maggior parte dei casi, pagati.

Anche perchè non parliamo di somme "minime" ma di ben 1.800.000 euro, per il solo anno 2005, fatturato in "acconto eccedenza" dal Comune di Trapani.

E’ vero che il Regolamento comunale per il Servizio servizio idrico prevede la possibnilità di una fatturazione in "acconto" (art. 40, comma 5), ma in "base ai consumi medi", ma è anche vero che il successivo comma 6 (come è poi naturale) prevede che il conguaglio sia effettuato sulla base della "precedente lettura effettiva": orbene qual’è la "precedente lettura effettiva" per quei vecchi contatori dove la lettura non è possibile?

In sopraggiunta a queste nostre semplici considerazioni giunge la sentenza del Giudice di Pace di Castellammare del Golfo del 16 luglio 2004 (scaricabile qui, grazie all’avv. Gaetano Spatafora di Trapani) in una causa intentata da un cittadino contro il Comune di Calatafimi e seguita dall’avv. Giovanni Lentini (Castelvetrano via Gugliemo Marconi n. 7, tel. 0924/904173).

La sentenza è particolarmente chiara e – nel condannare il Comune di Calatafimi – afferma: "Il prezzo della fornitura deve infatti essere commisurato all’effettivo consumo e non può essere fissato secondo criteri meramente presuntivi che prescindano totalmente dalla situazione reale e si appalesino, pertanto, illogici". La sentenza, addirittura, sostiene che se anche la stessa clausola contrattuale che prevede il "pagamento di un minimo contrattuale … sarebbe da considerare inefficaci".

Quanto precede perchè, continua la sentenza del giudice prof. Francesco Ditta, "È del tutto pacifico in giurisprudenza che il contratto di di erogazione di acqua sia un normale contratto di somministrazione, avente natura privatistica e pertanto soggetto alla disciplina del codice civile, con la conseguenza che la pretesa del Comune, basata su un consumo minimo presunto o a “forfait” è illegittima".

Nella decisione del Giudice ha avuto una particolare rilevanza l’ammissione della stessa Amministrazione che "il Comune non ha mai accertato l’effettivo consumo di acqua di ogni singola utenza facendo pagare a tutti i cittadini lo stesso importo".

Una sentenza, è evidente, facilmente da replicare in quel di Trapani.

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