LA MAFIA DELL’INFORMAZIONE E L’INFORMAZIONE SULLA MAFIA

 Alcuni giornalisti evitano di porsi e porre domande, si stagliano come maggiordomi dei potenti e quando un giornalista prova a fare informazione raccontando fatti e non ciò che piace ai potenti, ecco che lo perseguitano sperando che i loro padroni poi li ricompensino con posti, uffici stampa e prebende.

La mafia dell'informazione e l'informazione sulla mafia.

I toni evocano quasi un nuovo fronte, seppure confinato in un convegno. Il coordinamento provinciale di Libera per il 2 aprile ha organizzato una serie di manifestazioni nella provincia di Trapani: alle ore 09,00 presso l’aula magna del Liceo Artistico è in programma, alla presenza di Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, un incontro con gli studenti delle scuole medie superiori di Trapani ed Erice, mentre alle ore 16,30 presso l’aula magna del Polo Didattico di Trapani si terrà un incontro dibattito sul tema “la mafia dell’informazione e l’informazione sulla mafia”; interverranno, oltre a Don Luigi CIOTTI, il Presidente della Commissione Nazionale Antimafia On.le Francesco FORGIONE, e ancora i giornalisti: Stefano Maria BIANCHI della RAI, Enrico BELLAVIA de La Repubblica, Giorgio SANTELLI di Articolo 21, Michela GARGIULO, Graziella PROTO del periodico Casablanca, Lorenzo BALDO di Antimafia 2000, Rino GIACALONE de La Sicilia e Pino MANIACI di Tele Jato. Modererà il dibattito il coordinatore provinciale di Libera Avv. Giuseppe Gandolfo.

Se il tema trattato non fosse così delicato e impregnato di sangue a voler essere ironici si potrebbe tranquillamente affermare che ci troveremmo di fronte a un nuovo quesito sulle coppie di fatto. I cosiddetti pacs redazionali.

Per semplificare la questione, tra coloro che fanno i giornalisti e altri che, pur potendo mostrare di possedere una tessera, giornalisti non sono. Si occupano di altro. Non sappiamo bene di cosa e di chi, ma sicuramente di altro rispetto al ruolo che gli imporrebbe il fatto di essere giornalisti. Costoro, evitano di porsi e porre domande, si stagliano come maggiordomi dei potenti e quando un giornalista prova a fare informazione raccontando fatti e non ciò che piace ai potenti, ecco che lo perseguitano sperando che i loro padroni poi li ricompensino con posti, uffici stampa e prebende. Per dirla alla Marco Travaglio ci vorrebbero due Ordini: uno per i giornalisti e un altro per chi fa il cane da riporto. Dunque al convegno di Trapani del 2 aprile, dove parteciperanno fior di colleghi per disquisire sulla mafia dell'informazione e l'informazione sulla mafia, ci piacerebbe che uno di loro trovasse lo spunto per rappresentare questa nuova figura dell'unione di fatto che si materializza nelle redazioni e nelle cronache dei giornali. L'unione civile dei giornalisti: quelli che fanno informazione a 360° e quelli che disinformano.

Qualche tifoso dei libri di Barbacetto, Gomez e Travaglio azzarda: "Temo che non ci sia la forza di presentare questa nuova figura". Forse è un pessimismo esagerato, ma il problema c'è. E la questione comincia diventare lacerante. Solo una discussione approfondita potrebbe metterci al riparo da scomuniche. Scomuniche perché in Sicilia, nonostante i morti, pochi si sono davvero posti il problema di cosa significhi fare informazione parlando di mafia.

Potrebbero interessarti anche...