LA TONNARA DIMENTICATA

San Giuliano Martire

San Giuliano Martire

TRAPANI – Sul litorale nord-orientale della città di Trapani, su una lingua di terra che si protende verso il mare, sono visibili i ruderi della Tonnara di San Giuliano, costruita, secondo Henri Bresc, nel 1445. Le tonnare, differenziate in base alle fasi di corsa del tonno in “tonnare di andata” e “tonnare di ritorno”, erano costituite da un intricato sistema di reti fisse che venivano “calate” in mare per la cattura dei tonni e collegate a stabilimenti per la lavorazione del pesce pescato solitamente ubicati in prossimità di saline.

 

Gli stabilimenti per la lavorazione del pesce, e quindi anche del tonno, in Sicilia dovevano essere numerosi già fin dal XIII secolo.

La Tonnara di San Giuliano, situata lungo il percorso di “andata” dei tonni, era collegata a terra con l’omonimo stabilimento che costituiva uno dei principali luoghi di lavorazione del tonno, fonte principale di sussistenza per l’economia trapanese.

La struttura ospitava al suo interno una piccola chiesetta dedicata a San Giuliano, detto “de’ trapanesi” per distinguerla dall’altra chiesa dedicata a San Giuliano, ubicata nel centro della città di Trapani e detta “de’ lucchesi”.


Le fonti bibliografiche citano appena questa chiesetta che, secondo quanto riferito da Padre Benigno di Santa Caterina,
pare fosse dedicata ad un San Giuliano martire cartaginese del II sec. d. C. e in essa, nei mesi di maggio e giugno in cui avveniva la pesca dei tonni vi si celebrava ogni giorno la S. Messa e la sera vi si recitava il SS. Rosario.

Si trattava di una chiesetta posta nell’angolo nord ovest della corte della tonnara, ad aula unica rettangolare, coperta da un tetto a doppia falda. La piccola facciata a capanna era impreziosita da un portale in pietra misca. All’interno sono ancora visibili i resti dell’altare inserito in una grande nicchia sovrastata da un conchiglione.

 

Altare Chiesa di San Giuliano

Altare Chiesa di San Giuliano

L’identificazione del santo cui è dedicata la chiesetta è oggi oggetto di studi da parte di storici locali, nell’ottica più ampia che riguarda l’individuazione del momento in cui la religione cristiana fece il suo ingresso nella città di Trapani e anche in territorio ericino.

 

L’abbandono della Tonnara nel secolo scorso e la sua particolare posizione, quasi a contatto diretto con il mare, hanno favorito un veloce processo di degrado dell’intera fabbrica e dei materiali di cui essa è costituita (tufo, pietra, legno). La totale mancanza di manutenzione dovuta all’abbandono e la progressiva perdita degli intonaci hanno accelerato esponenzialmente negli ultimi anni tutti i processi di degrado fino agli ultimi fenomeni macroscopici registratisi nell’ultimo anno ovvero il crollo della facciata della piccola chiesetta.

 

Chiesa di San Giuliano

Chiesa di San Giuliano

Se l’oblio della memoria ha reso meno drammatica questa perdita alla maggior parte dei trapanesi (che non conoscono la Tonnara), è tuttavia giusto sottolineare il velo di tristezza che questo abbandono genera negli addetti ai lavori e nel cuore della vecchia Trapani.

 

Alessandro Candela – Architetto e Archeologo

 

Il “Contratto di Quartiere II” di Rione Cappuccinelli, approvato dal Consiglio comunale di Trapani il 16 marzo 2004 e passato alla Regione per il finanziamento, prevederebbe per l’area dell’ex-tonnara la realizzazione di una struttura alberghiera (“trasformazione di opifici dimessi”). Non comprendiamo il livello di ignoranza di chi vorrebbe cancellare secoli di storia trapanese. Ovvero non comprendiamo il livello di “capacità” di chi ha predisposto incarichi per la progettazione di questo “Contratto di Quartiere” senza conoscere cosa, di inestimabile valore storico-archeologico, avesse “tra le mani”. Infine, non comprendiamo come gli Enti con competenza sull’area (Demanio marittimo, Comune di Trapani, Soprintendenza BB.CC.AA. …) come possano continuare a permettere il continuo degrado dell’ex-tonnara, sino a perderla (causa crolli). E’ proprio vero che la cultura, in tutto sensi, a Trapani non trova “casa” tra gli amministratori comunali. E’ vero che, invece, il “panem et circenses” (vedi Coppa America) è l’unico linguaggio che conoscono i nostri concittadini. La Redazione.

 

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