Anche a Trapani i sicilianisti del Movimento per l’Indipendenza

Trapani, 24 dicembre 2014 – E’ di pochi giorni fa la notizia della nomina del trapanese Alberto Peralta a responsabile provinciale del MIS, il Movimento per l’Indipendenza della Sicilia. Incuriositi dalla Sigla, che nuova non è perché si riferisce ad un Movimento che ha fatto, nel passato, la Storia della nostra Isola, abbiamo incontro Alberto e chiesto lumi.

Alberto Peralta

Alberto Peralta

D. Alberto, il MIS è un movimento politico che ha una sua importante storia passata ma di cui, nel più recente passato, se ne sconosceva l’esistenza e l’attività.
«L’incisiva campagna di sensibilizzazione del Mis ha favorito un certo risveglio identitario, tanto che, il 30 ottobre 2010, Piazza Politeama (Palermo), dopo oltre sessant’anni dalle oceaniche adunanze di Andrea Finocchiaro Aprile, si è rivista giallo-rossa con la presenza di un migliaio di bandiere siciliane.
Attualmente, insieme al prof. Massimo Costa, al prof. Gaetano Armao, al prof. Salvatore Musumeci e diverse associazioni e movimenti siciliani si sta lavorando per fare approvare all’Ars un disegno di legge-voto sull’attuazione dello Statuto siciliano in materia finanziaria e per promuovere un referendum sullo stesso.
Noi siamo convinti che, al di là di specifiche responsabilità politiche, il mancato rispetto della nostra Costituzione regionale, lo Statuto, grida vendetta in questo momento. Non possiamo continuare a farci derubare di svariati miliardi l’anno e poi accendere in continuazione mutui con lo Stato (evasore) per coprire questi buchi. È una situazione insostenibile».

D. Con quale spirito ti avvii a questa esperienza? Che progetti hai, quali idee, iniziative?
«Con l’entusiasmo di chi vuol fare qualcosa per la propria terra e per i propri figli. Progetti… innanzitutto avvicinare alla politica attiva quanti si sono allontanati disgustati dalle logiche imperanti. Partendo dal nostro territorio, ci prefiggiamo un progetto semplice e altamente ambizioso: proporre una nuova classe dirigente capace d’amministrare con lealtà, scrupolo e trasparenza la “res publica”.
Solo con un modello virtuoso di amministrazione dedita esclusivamente al benessere pubblico e al progresso sociale e economico si possano porre le basi per l’emancipazione dei Siciliani dal sistema di oppressione coloniale e di sfruttamento clientelare che rende la vita politica in Sicilia come non democratica già a partire dal procedimento elettorale».

MIS - Movimento Indipendenza della Sicilia

MIS – Movimento Indipendenza della Sicilia

D. Il MIS sostiene la necessità di una “sovranità” del Popolo. Un concetto bellissimo. Precisamente si parla di una “sovranità permanente, non una sovranità che si esaurisce nello stesso momento in cui l’elettorato esprime il voto”. Quindi accennate alla “Democrazia Diretta”, ci spieghi cosa intendete con ciò?
«Una semplice forma di “Democrazia Diretta” la si può garantire introducendo a livello regionale e comunale l’Istituto del Referendum Abrogativo/Confermativo per tutte quelle leggi o atti di vitale importanza per la collettività. Referendum da farsi a costo zero facendo uso dei sistemi online certificati».

D. Il MIS, ancora, nello Statuto, chiede che la Sicilia si dia “un governo che sia veramente interprete dei suoi bisogni e delle sue aspirazioni”. Perché l’attuale governo regionale presieduto da Rosario Crocetta, come i precedenti presieduti da Lombardo e Cuffaro, non si impegna per la Sicilia?
«Al Presidente Lombardo riconosciamo un grande merito (magari l’avrà fatto per mille suoi motivi, ma lo ha fatto), quello di aver riacceso i riflettori sull’Autonomia Speciale e di aver contribuito a risvegliare l’identità e l’orgoglio del Popolo Siciliano. Tutti gli altri si sono dimostrati sino a oggi Ascari. Non sono mai stati capaci o non hanno voluto richiedere al Governo italiano le norme attuative per gli articoli più pregnanti (36, 37 e 38) dello Statuto Siciliano, nonché il ripristino dell’Alta Corte».

MIS - Movimento Indipendenza della Sicilia

MIS – Movimento Indipendenza della Sicilia

D. Il vostro Movimento, ancora, sostiene che “Spetta esclusivamente allo Stato Siciliano: il diritto di imporre e di riscuotere nel suo territorio imposte, tasse e contributi sul reddito, sugli affari, sui traffici e sul patrimonio”. Siete a favore del Federalismo fiscale, quindi? Siete convinti che la Sicilia, ed i siciliani, possano vivere con quanto riscuotono e senza contributi da parte dello Stato Italiano, senza una “solidarietà” con le regioni più … ricche?
«Premettiamo che il federalismo l’abbiamo “inventato” noi siciliani. Infatti, se si applicasse integralmente lo Statuto d’Autonomia, la Sicilia sarebbe a tutti gli effetti un “quasi” Stato federato con l’Italia. Inoltre, se si applicassero gli artt. 36, 37 e 38 cambierebbero subito, e di tanto in positivo, le condizioni economiche della Sicilia e la nostra Regione potrebbe essere perequativa nei confronti delle altre. L’art. 36 conferisce alla Regione potestà di imposizione e di disciplina dei tributi, non è limitato ai tributi di carattere regionale, ma si riferisce ai tributi in generale, con eccezione per le imposte di produzione e per le entrate dei tabacchi e del lotto.
L’art. 37 disciplina, limitatamente alle imprese industriali e commerciali, che pur avendo la sede centrale fuori del territorio dello Stato, hanno in questa stabilimenti ed impianti, attribuendo alla Regione la riscossione della imposta relativa al reddito prodotto negli stabilimenti isolani».

D. Come può essere il Federalismo Fiscale compatibili con un territorio, vedi Trapani, Palermo, Ragusa, dove – secondo dati “Il Sole 24 Ore” – i cittadini versano appena il 44% circa delle imposte (Acquedotto, Rifiuti, IMU, ecc) accertate?
«Con le condizioni sopradette sarebbe tutta un’altra storia, si potrebbe avere una tassazione più bassa pagabile da tutti».

D. Sicilia, ha ancora senso parlare di regionalismi in un mondo globalizzato? Ha ancora senso parlare di Sicilia quando la stessa lingua siciliana è oramai sconosciuta ai più, cancellata, tanto a scuola che nella vita comune, dalla lingua italiana prima e da quella inglese poi?
«In un mondo che tende sempre più alla globalizzazione, paradossalmente, si avverte insistentemente (e non solo da noi), il desiderio di recuperare le proprie identità, le proprie tradizioni culturali e le proprie lingue, beni immateriali pregiati, da portare come valore aggiunto nel grande “Villaggio Globale”».

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