ERICE E LA MAFIA: GUERRA SPUNTATA

ImageERICE – Una nuova «guerra» santa di Tranchida parte da Erice. Ma la Montagna (dell’Unto) partorisce solo un topolino! «Nemici» del sindaco trasfertista sono oggi talune merci «di produzione estera» – specifica –  che ripropongono «il linguaggio mafioso», sia pure «satiricamente». Il sindaco, pertanto, s’è visto costretto ad emettere un’atto, la n. 33 del 10 giugno 2011, che «ordina a tutti gli operatori commerciali di non esporre sulla pubblica via merce raffigurante personaggi e situazioni» che propongano «frasi e concetti che implicano una sottovalutazione di quel tristo fenomeno criminale». Un atto, tuttavia, che giunge in ritardo e che è palesemente ipocrita.

L’atto giunge in ritardo perchè giunge sul finire della sindacatura Tranchida. Ovvero dopo oltre quattro anni dalla sua elezione. Perchè lo emette oggi?

Sono possibili due ipotesi.

La prima: il sindaco, che notoriamente vive a Fico, solo oggi ha fatto una passeggiata ad Erice e s’è accorto che gli «esercizi di vendita del Centro Storico» di Erice espongono «indumenti, adesivi ed altra mercanzia che tentano di proporre satiricamente il linguaggio della mafia, con risultati che sovente varcano i confini del buon gusto, sino a sconfinare nella proposizione di un’immagine bonacciona ed inoffensiva dell’organizzazione».

La seconda: il sindaco conosceva il fenomeno da prima. Ma solo da oggi ritiene che questa immagine che «propaganda la sicilianità» affiancandola all’immagine della mafia, «non può essere ulteriormente tollerata». Verrebbe da domandarsi perchè ieri si ed oggi no. Cos’è successo? L’unica novità che ricordiamo e che dal 2011 non è piu’ assessore Silvana Catalano, già dirigente nazionale della CIDEC, l’associazione dei commercianti.

ImageTuttavia, fatta salvo il fine di propaganda pre-elettorale della sua (del sindaco) immagine, riteniamo che l’atto di Tranchida sia inutile e pure ipocrita.

Il sindaco, infatti, e peraltro solo questo è nei suoi poteri – già con una forzatura -, si limita a vietare la «esposizione all’esterno degli esercizi» di tali «mercanzie» (ai fini, scrive nell’ordinanza, della «tutela del pubblico decoro della Città»). Ai commercianti resta la facoltà di esporre tali «mercanzie» legate al fenomeno mafioso dentro i propri esercizi, e continuare a vendere e diffondere in Italia e nel mondo tali prodotti e tale immagine.

Peraltro la sanzione per l’inosservanza dell’ordinanza assomma appena a 50 euro.

Bene avrebbe fatto, invece, secondo noi, il sindaco, a sedersi attorno un tavolo coi commercianti ericini e con le loro organizzazioni sindacali e trovare una soluzione che, non solo evitasse la «esposizione esterna» ma addirittura la vendita. Chessò, si sarebbe potuto firmare, tutti assieme, un patto «anti-mafia», su un tema che, siamo certi, è di massima «coesione sociale».

Il sindaco, tuttavia, ha preferito semplicemente «ordinare» e fare il suo solito comunicato stampa subito, acriticamente, finito su tutti gli organi di regime.

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