IL MAFIOSO? SOLO UN DELIRANTE

Angelo DonatelliLa mafia sembra impossibile da estirpare perché è fondata su alcuni caratteri dell’uomo, intrinseci nella sua natura e per questo perpetui, come la ricerca del potere assoluto, di uno status gratificante per l’io basato sul controllo della propria vita e di quella altrui. Per quanto io rifiuti l’idea dell’impossibile, mi rendo conto che questa definizione è veritiera e quindi più che con la mafia bisognerebbe lottare contro il male dell’uomo; ponendo in primo piano innanzitutto le idee. L’idea della legalità a quella dell’impossibilità, dell’immobilità delle cose.

“Perché impossibile è solo una parola usata da piccoli uomini che trovano più facile vivere nel mondo che gli è stato dato piuttosto che cercare di cambiarlo” (cit. Federica Pellegrini); ma neanche serve essere grandi uomini per contrapporsi all’idea che la mafia c’è e resterà.

Bisogna essere uomini, nella propria interezza: tenendo conto sia dei punti di forza di questa società che dei punti deboli, quelli che ci fanno paura. Perché è normale avere paura, ma a questa si deve rispondere col coraggio; e anche quest’ultimo senza paura diventa incoscienza. Bisogna trovare quindi l’equilibrio tra queste due forze.

E se ciò è vero, allora è anche vero che una cosa del mafioso l’ho capita: non è altro che una persona affetta da delirio di onnipotenza. Come d’altro canto molti politici nostrani, insomma, che si candidano solo per rispondere alla propria esigenza di sentirsi esaltati, acclamati e al denaro che consegue dalla politica. E molto spesso dimenticano che il termine “candidarsi” risale al tempo dei romani quando un politico si vestiva con una tunica bianca (candida, appunto) in segno di dedizione assoluta al lavoro che lo attendeva qual’ora fosse stato eletto. C’è più il senso di questa parola? Manca da molto tempo, così come da sempre manca nel mondo mafioso l’altro termine, lavoro.

Perché se sono bastate tre parole, delirio di onnipotenza, per descrivere un mafioso ciò che ne consegue è che cercherà di creare uno società a sua immagine e corrispondenza, una sub-società che risponda ai suoi bisogni.

Di certo una società fondata sull’umiltà, su padri e madri che si spaccano la schiena a qualunque orario e giorno o su studenti dispendiosi di energie sui libri fino allo stremo non può assolutamente rispondere alle esigenze del mafioso che così non crea la sua sub-società nella quale per far soldi si traffica in armi, droga, prostituzione, imprese e imprenditori collusi senza naturalmente dimenticare di eliminare con stragi, alle volte anche dimostrative, coloro che si ribellano a questa loro società della morte. Insomma, il mafioso trova meno dispendioso di energie fare tutto questo piuttosto che cercarsi un lavoro. “Uomo di panza!”.

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Una risposta

  1. Francesco ha detto:

    Mi sembra un po riduttivo ridurre il fenomeno mafioso a “delirio di onnipotenza”.
    Riduttivo e pericoloso. si rischia di prenderlo sotto gamba. e non possiamo neanche dire che è tutta colpa del politico che non è più “candido” come all’epoca romana. Oggi il fenomeno mafioso permea la nostra società.

    La nostra è una società che vive di mafia.

    Vive di mafia perché ogni giorno usiamo atteggiamenti mafiosi quando prevarichiamo e quando scavalchiamo le istituzioni per ottenere qualcosa.
    Viviamo di mafia quando cerchiamo l’amico dell’amico per una sistemazione o per risolverci un problema.
    Viaviamo di mafia quando ricordiamo Falcone e Borsellino (come oggi), ci facciamo su due fiction, ci costruiamo qualche manifestazione, qualche convegno, qualche temino a scuola e poi finisce li. Ci vediamo tra un anno.
    Nel frattempo all’interno della fiction che fa ascolto si vende la pubblicità, alla manifestazione si presenta il sindacalista o il politico che va a farsi vedere, al convegno si sprecano parole e a scuola s idealizza un raccontino che di sostanza ha poco o nulla.

    La mafia si combatte nelle proprie case. Con l’esempio. Noi Falcone e Borsellino li uccidiamo ogni giorno. Ogni giorno che dimentichiamo perchè sono morti e che ci prestiamo a questo gioco.
    Quando diciamo che la mafia prospera dove non c’è lostato è vero: ma così stiamo dando una alibi a noi stessi e ai mafiosi.

    Mettere la mafia al posto dello stato, non aggiusta le cose: rende doppio il problema.

    Manca lo stato, problema uno. Ci mettiamo la mafia, problema due.
    Non si aggiusta un’ingiustizia con un’altra ingiustizia (motivo per cui sono contrario anche alla pena di morte. Per tutti).

    Se lo stato manca deve intervenire il cittadino sano, senza appoggi o facilitazioni. L’associazionismo laico e religioso, i centri sociali e gli oratori.
    Non basta parlare di mafia per fare l’antimafia.