La scuola? Per Bowles e Gintis serve al controllo sociale!

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La scuola è il luogo deputato all’istruzione, cioè quel “momento” formale e specializzato di un più ampio processo educativo che dura tutta la vita e che consiste nell’apprendimento della cultura propria del gruppo in cui ci capita di nascere e di vivere (valori, norme, modi di pensare, agire, sentire, costumi ecc ), il luogo cioè dove i bambini vengono “preparati” all’età adulta e alla società.

Negli anni sessanta il consenso su questo aspetto della società moderna cominciò a sgretolarsi.

In altre parole, la principale funzione della scuola è quella di soddisfare la domanda di qualificazione proveniente dal mondo del lavoro, ed essa lo fa “convertendo” le capacità in competenze necessarie a svolgere le occupazioni “più strategiche” e ciò, nelle intenzione di chi dirige queste scelte, per favorire lo sviluppo economico.

Queste erano le idee degli studiosi funzionalisti intorno agli anni ’50-’60.

Le scuole esistono per riprodurre le disuguaglianze sociali

Una interpretazione più radicale è quella degli economisti statunitensi Bowles e Gintis che in “L’istruzione nel capitalismo maturo” (1976) affermarono che l’istruzione non è una sfera neutrale, ma un ambito nel quale vengono riprodotte le esigenze del capitalismo al fine di favorire la creazione di atteggiamenti che preparino i giovani a svolgere un lavoro alienante in età adulta: secondo Samuel Bowles (economista statunitense e docente anche all’Università di Siena) e Herbert Gintis (economista e sociologo statunitense), le scuole esistono per riprodurre le disuguaglianze sociali.

Pertanto il miglior indizio sul futuro di un bambino è la condizione economica dei genitori e non tanto il rendimento scolastico o l’intelligenza, la funzione primaria dell’istruzione non sarebbe, secondo i due sociologi, quella di insegnare le competenze necessarie nel mondo del lavoro ma quella di inculcare nei bambini il cosiddetto “curriculum nascosto”.

I figli degli operai apprendono così qual è il loro posto nella società, quali sono le qualità apprezzate e ricompensate – il duro lavoro, il rispetto, la puntualità, la docilità, la passività, l’obbedienza – e quali quelle non gradite, come la creatività e il pensiero indipendente.

Bowles e Gintis riscontrarono anche una “corrispondenza” tra i rapporti sociali gerarchici nel sistema scolastico (preside/ insegnanti/alunni) e quelli propri del mondo del lavoro (gerarchie aziendali).

Non solo. Gli studenti, come i lavoratori sul loro lavoro, non hanno potere sul loro curriculum.

La scuola e il meccanismo delle Ricompense e delle Punizioni

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Sia l’istruzione che il lavoro, inoltre, secondo la lettura dei due studiosi, sono concepite come attività puramente “strumentali” che vengono svolte non per il piacere o il senso di realizzazione personale, ma per ottenere ricompense (voto, salario) o per evitare punizioni (bocciatura, licenziamento).

E infine l’estrema divisione del lavoro nel mondo produttivo “corrisponde” a una elevatissima competizione fra gli studenti causata dal sistema di valutazione.

La scuola, per Bowles e Gintis, insegna ai bambini che le diseguaglianze sociali sono giuste e necessarie, e pertanto l’istruzione può essere considerata una forma di controllo sociale.

Sul tema del controllo sociale, ci sembra interessante segnalare le “slide” che potete seguire cliccando sull’immagine di sopra oppure al seguente link [specie le pagg.: 69-78, “Teoria dell’Apprendimento Sociale”; pagg. 80-86, “Teoria del controllo sociale”].

Mariapia Culcasi

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