D’ALI’ DOVRA’ DIFENDERSI DALL’ACCUSA DI MAFIA

Antonio d'AlìTRAPANI – L’accusa è di quelle piu’ gravi. Un accusa che getta, indubbiamente, discredito sulla figura del personaggio politico chiave della Città. Che pone una pietra su una sua paventata candidatura a sindaco del capoluogo, l’anno venturo. La Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio del senatore Antonio D’Alì (Pdl) per concorso esterno in associazione mafiosa.

La notizia non giunge del tutto a sorpresa, poiché delle indagini a tale titolo si leggeva da tempo. Ma si leggeva pure delle due richieste di archiviazione proposte dagli stessi pubblici ministeri. Ed invece è arrivata, da parte del giudice delle indagini preliminari, la proposta di rinvio a giudizio.

L’udienza, davanti il giudice per l’udienza preliminare, è fissata per il prossimo 16 dicembre.

Il rinvio a giudizio non è, ovviamente, un indice di colpevolezza. Saranno i tre gradi di giudizio, eventualmente, a stabilire la verità, processuale, in merito alle accuse mosse dalla Procura.

Tuttavia, le cose non stanno neanche come dichiara alla stampa lo stesso senatore D’Alì: «Sono una persona onesta e perbene. Non avrei mai immaginato che a stabilire ciò dovrà essere il giudizio di un tribunale, oltre a quello dei cittadini». Neanche un senatore della Repubblica può chiedere il giudizio del Popolo piuttosto che quello della Legge.

Ad accusare D’Alì ci sono le dichiarazioni di collaboratori di giustizia e dell’ex prefetto di Trapani, Fulvio Sodano. D’Alì ha sempre respinto ogni accusa.

Rino Giacalone

Rino Giacalone, sul sito Narcomafie, lo scorso 24 ottobre, così contestualizza le accuse: «Il pentito di mafia Francesco Geraci già nel corso di un processo che contrapponeva un altro D’Alì, il prof. Giacomo, cugino del senatore ed ex componente del CDA della Comit, e il deputato ed ex presidente nazionale dell’antimafia, Francesco Forgione, riferì che quel terreno (tenuta Zangara a Castelvetrano, NdR) fu oggetto di una falsa compravendita tra i D’Alì e la famiglia mafiosa locale. I denari pagati davanti al notaio sarebbero stati riconsegnati dai D’Alì a Geraci che puntualmente ha detto di averli andati a prendere presso la sede della banca, quando questa aveva i suoi uffici direzionali nel corso Piersanti Mattarella a Trapani. Il racconto di Geraci avrebbe trovato riscontro anche nelle dichiarazioni di alcuni suoi congiunti. La difesa di D’Alì ha tirato fuori un compromesso risalente al 1982 e però la storia dei soldi restituiti non sarebbe del tutto infondata, e in questo contesto è saltato fuori il nome di Pietro D’Alì, fratello del senatore, anche lui avrebbe partecipato alla restituzione».

«Sul tavolo i magistrati hanno posto i verbali dell’ultimo più importante dichiarante del trapanese, l’imprenditore Nino Birrittella, che ha riferito di particolari relativi alla campagna elettorale nazionale del 2001, … Birrittella affiancava il padrino Ciccio Pace nella cupola di cosa nostra trapanese, ed ha detto del sostegno della mafia alla campagna elettorale di D’Alì. Ma ancora ha anche fatto un passo indietro quando lo stesso sostegno sarebbe stato concesso dal precedente capo mafia, Vincenzo Virga, che in quel 2001 veniva arrestato dopo sette anni di latitanza. Appalti, acquisto di caserme da destinare ai carabinieri, come quella di San Vito Lo Capo, sarebbero vicende nelle quali la mafia avrebbe avuto il suo tornaconto e il senatore D’Alì si sarebbe occupato per garantire questo tornaconto. Uno dei capitoli dell’impianto accusatorio è quello dei rapporti con imprenditori fortemente discussi, come l’imprenditore Francesco Morici, o ancora con imprenditori nel frattempo finiti in carcere con condanne definitive per mafia, come il valdericino Tommaso Coppola».

Se le accuse fossero solo queste, sia per la loro genericità, e sia per la loro distanza temporale, non crediamo che possano seriamente impensierire il “senatore” ed i suoi legali, e, pertanto, il procedimento si potrebbe concludere – con l’archiviazione – già davanti il GUP. Probabilmente il procedimento potrebbe servire, solo (ma non è poco), se gli atti processuali verranno resi pubblici, a rassegnare un giudizio storico e morale sul mondo politico trapanese.

All’articolo di Giacalone han replicato i legali del senatore D’Alì assicurando la massima trasparenza del procedimento: «Nei modi e termini consentiti dalla procedura sarà nostro interesse e dovere, a tutela della immagine del sen. D’Alì’, mostrare alla stampa le risultanze delle stesse (richieste di archiviazione) e le sorprendenti verità emerse, in perfetto contrasto con quanto nel corso degli anni finora riportato dagli organi di informazione».

Sin ora, ne da destra ne da sinistra, è giunto alcun commento alla notizia da parte del mondo politico locale. Si riscontra solo l’intervento della deputata Gabriella Giammanco (PDL) «il senatore D’Ali’ ha tutta la mia stima e solidarietà, la sua storia politica e umana e’ testimonianza di grande rigore, onestà e integrità morale. Ho fiducia nella giustizia e sono convinta che il senatore saprà chiarire la sua assoluta estraneità alle accuse di cui e’ vittima».

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