UN REFEREDUM FANTASMA …

Giacomo Tranchida

Giacomo Tranchida

ERICE – Domenica 13 giugno, ovvero fra quattordici giorni, si svolgerà il referendum-farsa per ascoltare l’eventuale volontà popolare sulla eventuale rettifica dei confini tra il Comune di Erice e quello capoluogo di Trapani. Farsa non perchè il chiamare la popolazione ad un momento di democrazia diretta sia di per se una farsa, bensì perchè nessuna attività – dibattito pubblico, prese di posizione politiche, campagna pubblicitaria è stata ancora attivata.

Tanto rumore per nulla, verrebbe da dire. Dell’evento del 13 giugno, in sostanza, non lo sa praticamente nessuno e nessuno ha elementi per una scelta consapevole. Da circa una settimana il Comune ha provveduto a installare i tabelloni che, di norma, servono ad affiggere il materiale pubblicitario dei partiti o dei comitati del Si o del No. Ma tali tabelloni sono desolatamente vuoti.

Vero è che sono stati svolti tutti i passi «ufficiali» e sono stati svolti «di corsa» per giungere all’appuntamento,
dall’approvazione – del delibera di Consiglio del 16 aprile (n.49) – del «Regolamento per lo svolgimento di referendum comunali consultivi» all’indizione del «referendum consultivi per distacco di frazioni del territorio comunale», con delibera di Giunta del 4 maggio (n.98), con la quale si stabilisce pure la «Autorizzazione alla spesa», sino all’adozione, con delibera di Giunta n. 109 del 12 maggio, della «Disciplina della propaganda elettorale per lo svolgimento di referendum consultivi per distacco di frazioni del territorio comunale per il 13 Giugno 2010. Delimitazione ed assegnazione degli spazi per le affissioni di Propaganda Elettorale».

Ma, soprattutto, è pur vero che di tutta questa attività non è stata – sul sito internet ufficiale del Comune – data alcuna manco minima pubblicità, non sono stati pubblicati, ovvero, i testi dei quesiti, dei regolamenti del referendum e della propaganda,

Sostanzialmente avverrà – in conseguenza – che alla «campagna» referendaria potranna partecipare attivamente solo coloro che sono «dentro» il Sistema-Regime (il partitello del sindaco, Erice che vogliamo, insomma), mentre coloro che sono «fuori» ma avrebbero voluto dire la propria resteranno fuori.

A prescindere questo già di per sè grave fattore di assenza di volontà a fare partecipare, insomma di condividere un momento di democrazia, quello che piu’ colpisce è l’assenza di prese di posizione «ufficiali» dei vari partiti che compongono l’assemblea di Erice (PD, UDC, PDL), e di quelli che ne sono fuori ma asseriscono di esistere (IDV, Rifondazione, S&L), mentre solo i Socialisti di Nino Oddo ha detto (sono a favore della «Grande Cittò») nettamente la propria.


Ovvero i partiti non hanno idee su tale di certo importante argomento. Ne pare abbiano intenzione di «spendersi» con iniziative politiche, manifesti, volantinaggi ecc … d’altro canto non c’è in ballo una lucrosa poltrona di consigliere comunale. 


Resta quindi il disorientamento del cittadino che oltre che a sentirsi uno strumento «passivo» di mere battaglie mediatiche. E’ confuso dalla confusione dei testi referendari e non sa se è tenuto (ha diritto) a votare un quesito o l’altro o, addirittura, «se» ha diritto di votare.

Se negli ultimi giorni si colmerà, speriamo, questo vuoto, resta che l’informazione, in proposito, è veramente insufficiente
– diremmo zero – e quindi il cittadino non comprende, non conosce i pro e contro l’espressione della propria scelta democratica in una direzione o l’altra.

Scrive in maniera illuminata – come spesso – su Monitor (n. 16 del 7 maggio 2010) Franco Mennella
: «‘sta storia del referendum è bellissima, davvero. In pratica chiedono ai cittadini ericini di alcune zone confinanti con Trapani se vogliono aggregarsi al capoluogo. Ora, se dicono no tutto sommato la cosa fila liscia, ma fazza che dicono sì? Che facciamo? Glieli ammolli a Trapani come le ragazze madri che lasciavano i bambini nella cesta davanti ai conventi?»

Questo Referendum, ammette poi Mennella rappresenta «un ritorno ai tempi dorati dell’adolescenza, quando gli zitaggi venivano organizzati da quelli più sperti. Prima si andava da lei chiedendole se eventualmente le sarebbe piaciuto mettersi con lui. Poi si andava da lui a verificare la possibilità dello zitamento ed infine… uno, due, tre: siamo messi! Questo sistema ha funzionato per decenni ed i solerti politici ericini hanno pensato bene di rispolverarlo».

Babbianno e scherzando Mennella fa chiaramente intendere che questo referendum è solo una cosa da ridere!

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