UN’AZIONE DOPO L’INDIGNAZIONE?

Nicola MangiapaneTRAPANI – Il 15 ottobre del 2011 è stato un giorno di svolta per i movimenti dell’era di internet. Centinaia di migliaia di persone hanno manifestato in piu’ di mille città di 82 paesi rispondendo ad un appello lanciato inizialmente da un gruppo su Facebook. Dobbiamo parlare di un nuovo movimento globale perché non c’è una leadership o un’ideologia unica. Partecipano persone di tutte le età e opinioni molto eterogenee che sono indignate per diversi motivi, ma concordano sul fatto di non avere fiducia negli attuali metodi di rappresentanza politica.

Anche a Trapani un manipolo di una cinquantina di persone s’è presentato con uno striscione davanti la Prefettura. Fra loro qualche politico, in “incognito”, ma soprattutto gente comune. Dopo un’oretta l’assemblamento s’è sciolto e siamo in attesa di eventuali successive azioni di tali, o altri, “indignati”.

Fra i presenti Nicola Mangiapane ha lamentato – tramite un messaggio apparso su YouTubeuna «insofferenza latente da tempo» e il «non essere piu’ rappresentato da questa democrazia fatta da politici e partiti». Nicola la lamentato poi che «le banche ci hanno schiavizzato» ed ha invitato i cittadini a non «lamentarsi solo al bar».

La proposta di Mangiapane è, in particolare, quella di una forma di «controllo sui politici da parte dei cittadini perché non basta dare un voto alle elezioni e poi lasciarli fare perché poi questi sono i risultati».

Alla manifestazione era presente una piccola aliquota del “movimento dei forconi” – che poi avrebbe, nel pomeriggio, manifestato a Marsala – che ha distribuito un volantino che al grido «incazzatevi! tirate fuori le palle!!!» ha invitato ad essere «tutti uniti nella lotta per conquistare la signità di popolo» e, in particolare, battersi «contro la casta dei politici corrotti e ladroni, contro i sindacati ed associazioni complici, contro la SERIT che sta distruggendo le famiglie, contro la globalizzazione e la grande distribuzione».

Movimento dei Forconi a TrapaniIlluminanti per valutare il fenomeno, giungono le riflessioni di Manuel Castells, un sociologo spagnolo autore, fra l’altro, di “Comunicazione e potere” (Bocconi, 2009), apparse sul numero del 28 ottobre scorso del settimanale “Internazionale”. «Questi movimenti … non sono politici nel senso tradizionale del termine, non conquistano il potere. I movimenti cambiano la mentalità delle persone e i valori della società. Quando aumenta la distanza fra i rappresentanti e i rappresentati, allora i movimenti diventano una fonte di rinnovamento, l’unico antidoto contro la sclerosi di una politica sottomessa alle forze irrazionali del mercato e a quelle razionali dell’avidità».

«Ma (dicono alcuni) tutta questa energia deve essere canalizzata in una scelta politica».

Non è d’accordo Castells. «I metodi di trasformazione politica richiedono mobilitazione e tempo e funzionano se restano ai margini del sistema politico per obbligarlo a cambiare: svuotandolo di voti fino alla comparsa di opzioni valide, imponendo un controllo della gestione della cosa pubblica e usando la disobbedienza civile per contrastare le scelte contrarie ai programmi votati».

Conclude – sulle colonne de “Internazionale” – Manuel Castells sostenendo che «non è vero che l’unica possibilità è votare per gli uni o per gli altri. E’ anche possibile pensare e imporre riforme politiche per garantire la partecipazione dei cittadini alle decisioni concrete, a prescindere da chi è al governo. Quanto piu’ funzionerà la democrazia partecipativa, piu’ efficace sarà la democrazia rappresentativa. Un’altra politica è possibile. Ma prenderà forma solo dopo un periodo di indignazione e azione».

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