Caso D’Alì: Voto dell’11 giugno certamente inquinato

Antonio D'Alì

Antonio D’Alì

«Che Antonio D’Alì sia un personaggio vicino alla mafia, non lo hanno creduto i Magistrati che lo hanno giudicato. Ed allora perché questa richiesta di applicazione della misura di prevenzione di obbligo di soggiorno nel Comune di residenza a circa 8 mesi dalla sua ultima assoluzione?». Tanto si domanda l’avvocato Giuseppe Marascia, candidato sindaco per Trapani di “Città a Misura d’Uomo” in merito alla notizia diffusa stamani dai media e che coinvolge il senatore e candidato sindaco concorrente.

«Non è nostra prerogativa valutare nello specifico l’operato della Procura – continua Marascia -, ma è nostro dovere politico prendere posizione sulla natura non libertaria di misure giudiziarie restrittive adottabili in assenza di un giudizio di condanna».

La valutazione politica dell’esponente di “Città a Misura d’Uomo” è esplicita: «Queste normative sono figlie di una politica illiberale e securitaria, che per ironia della sorte è sostenuta in Italia proprio dalla Destra, e quindi da Forza Italia e dalla Lega Nord».

«E’, tuttavia, singolare, forse troppo singolare, la puntualità con cui in questo Paese alcuni provvedimenti della Magistratura intervengano nei momenti fondamentali per la democrazia», riflette Marascia.

«Non v’è dubbio – conclude il candidato sindaco del movimento “Città a Misura d’Uomo” – che il voto dell’11 giugno risulterà “inquinato” da un giudizio pro o contro D’Alì. Il prossimo, purtroppo, ancor più di prima, sarà un voto di “pancia”, non collegato ad un ragionamento sui programmi, ma alla leggerezza della “fiction politica” alla quale l’elettore affida il proprio futuro».

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