ERICE E LA PUBBLICITA’ ALLA MAFIA

ImageERICE (TRAPANI) – Erice è … turismo. Turismo è … immagine positiva. L’immagine che oggi inviamo nel mondo, di Erice, è, anche, quella dei negozi che commercializzano souvenir che sono un «inno» alla mafia. E’ assurdo che la mafia diventi un business, un marchio da rivendere un’effigie della sicilianità. La cosa che dispiace è che, di fronte a questo scempio, nè il sindaco rag. Giacomino Tranchida, nè l’assessore al centro storico Silvana Catalano sembrano far nulla.

Riportiamo e sottoscriviamo cosa osserva e cosa sostiene Vincenzo Figlioli sul proprio blog, in merito ad Erice: «i negozi del centro con le statuette in ceramica che scimmiottano una certa idea di Sicilia che si presume dovrebbe andare incontro alle aspettative dei turisti. Omini vestiti di nero, con coppola, baffi e la scritta “u mafioso”. Talvolta, magari, armati di lupara. O donnette con i capelli lunghi, una profonda scollatura e la scritta “a mafiusa”».

«Nell’età della ragione ho sempre provato un’irrefrenabile indignazione verso questi souvenir. Un sentimento cresciuto negli anni, quando hanno fatto la loro comparsa anche altri gadget (magliette o cappellini) con il logo “mafia”».

Image«Da siciliano ritengo assolutamente criminale proporre a turisti e visitatori un utilizzo talmente superficiale di uno dei mali assoluti della nostra terra. Come se la mafia fosse un elemento del paesaggio. O un marchio Doc, come il Marsala, la nocellara del Belice o l’aglio di Nubia. Dimenticando le vittime, le ingiustizie e i danni economici e sociali che ha causato alla Sicilia. Mi sono sempre chiesto se di fronte ad una statuetta del genere il torinese, il bergamasco o il triestino abbiano un moto di sdegno o un’espressione di divertita commiserazione».

ImageIn un Gruppo sorto su Facebook contro questo fenomeno («Via dai negozi le maglie con il padrino e frasi sulla mafia») e che conta 223 iscritti, Martino Martellotta riporta: «che contraddizione, da una parte la Sicilia che ricorda i suoi morti per mano della mafia, dall’altra commercianti senza dignità che fanno soldi vendendo queste oscenità». Siamo d’accordo con questa affermazione.

Noi riteniamo assolutamente un segno di incoerenza quello di un’amministrazione comunale che da un lato ha accolto ed agevolato, nel cuore del centro ericino (fornendo un locale in comodato), la nascita di una bottega della legalità, curata da Libera, in cui sono esposti i prodotti ricavati dalla coltivazione delle terre sottratte a Cosa Nostra, i “pizzini” antimafia di Salvatore Coppola e i gadget dell’associazione presieduta da don Luigi Ciotti, ma che dall’altro nulla fa affinchè vengano arrestate le esposizioni nelle vetrine dei simboli «da macchietta» di una Sicilia che, forse, fu, ma che oggi è ben diversa.

Silvana Catalano

Silvana Catalano

Noi riteniamo che, ancor di piu’, sia un segno d’incoerenza la presenza nell’amministrazione comunale di un assessore, la dott. Silvana Catalano, che è anche segretario generale nazionale della CIDEC, la Confederazione Italiana dei Commercianti, ovvero una delle organizzazioni che rappresentano anche questi negozianti ericini, ma che non riesce ad esprimere alcun impegno, alcuna condanna, – almeno pubblicamente – contro la commercializzazione di questi «souvenir» che i negozianti vendono come una sorta di «simpatica» pubblicità della mafia.

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