FORESTALI NEL MIRINO
Decine di incendi che contemporaneamente hanno distrutto centinaia di ettari di boschi e pinete in quattro province della Sicilia. Una ferita profonda per il territorio che ogni volta perde ecosistemi e paesaggi incredibili, accrescendo la fragilità idrogeologica dei suoi versanti.
Quella di queste ultime ore è una vera e propria emergenza che, stranamente considerato l'andazzo degli ultimi anni, non ha quasi toccato Erice (forse perché nulla c'è più da bruciare, ma ancora ha ferito, per esempio, le montagne vicino san Vito lo Capo.
Dare una risposta a questa apparente contraddizione può spiegare la causa di tanti roghi che devastano ogni anno la Sicilia.
“Quello della gestione degli operatori stagionali antincendio boschivo in Sicilia è uno scandalo – sottolinea Mimmo Fontana, presidente di Legambiente Sicilia – La Regione ha più volte ammesso che si tratta di una sorta di ammortizzatore sociale, che il numero di addetti in questo settore è sovradimensionato per assicurare lavori retribuiti in una terra dove di lavoro ce n’è poco. E con questa giustificazione l’Ars per prima ha alimentato un meccanismo sballato, infernale.
I precari del fuoco sono talmente tanti che potrebbero addirittura spegnere le sigarette nei posacenere. Invece non riescono a frenare le fiamme che si mangiano ettari e ettari di vegetazione. Come mai?”.
Il motivo è, in parte, spiegato dal business economico alimentato delle fiamme. I precari dell’antincendio spesati dalla Regione in Sicilia sono 30.745, poco meno della metà di tutti i forestali italiani (68mila). In pratica ognuno di loro controlla 12 ettari di territorio, mentre in Umbria (dove ci sono molti meno incendi) il rapporto è di un forestale ogni 597 ettari di bosco, in Toscana addirittura di un addetto ogni 1.409 ettari. Il loro guadagno dipende dalle giornate di lavoro e dalle ore di straordinario: più la regione va a fuoco, più alto è il loro stipendio. Insomma il sospetto, in alcuni casi la certezza, che dietro gli incendi ci sia la mano di alcuni di quelli che sono incaricati di spegnerli è alto.
“Ci sono diverse mele marce, professionisti della distruzione e del rimboschimento – continua Fontana – perché dopo le fiamme poi c’è tanto da mangiare: per chi spegne e per le ditte che vanno a piantare nuovamente alberi. Quella dei roghi è diventata una attività imprenditoriale”.
Se a questo particolare aspetto si aggiunge poi l’attività delle ecomafie vere e proprie, che appiccano incendi per motivi speculativi e che sono responsabili di un elevatissimo numero di roghi, ecco che si comprende come una Regione possa essere così devastata, con risvolti drammatici per le persone, le case, le attività economiche.”
A questo punto,. Perché no? Potrebbe avere ragione Parisi nel voler mandare l'esercito in Sicilia, per spezzare quel circolo vizioso che vuole che a un numero elevato di operatori antincendio corrisponda un altrettanto elevato numero di incendi.
Secondo Legambiente Sicilia, infine, “Le responsabilità coinvolgono anche quelle amministrazioni comunali che non applicano la normativa introdotta dalla legge quadro che li obbliga alla redazione del catasto delle aree percorse dal fuoco. Mappare le aree percorse da incendi significa attivare vincoli di inedificabilità, pascolo e caccia per 10 anni, la vera arma per fermare a monte gli interessi che muovono la mano degli incendi.
In Sicilia sono ancora troppi i Comuni che non hanno provveduto ad istituire il catasto delle aree percorse dal fuoco ed a far scattare in conseguenti vincoli di immodificabilità della destinazione d’uso dei suoli incendiati.