L’OSPEDALE DEGLI EROI

Non è più tempo d’eroi! Ma chi lo ha detto? Basta recarsi presso il Reparto di Psichiatria dell’Ospedale S. Antonio Abate, per rendersi conto del vero significato dell’eroismo. Chi sono gli eroi in questione? I medici e gli infermieri che operano nella struttura (meglio dire topaia) pomposamente indicata “Reparto di psichiatria”: quattro stanze (due per uomini e due per donne); due gabinetti (uno per gli uomini e uno per donne); un corridoio lungo 12 metri circa, che divide i vari ambienti; una sala infermieri (ripostiglio non meglio classificabile); due rientranze nel corridoio, arredate con tavoli e sedili, adibite a sale da pranzo.

In questa struttura vengono detenuti (hai letto bene) uomini e donne colpiti da malattie nervose, esseri umani costretti a vivere in spazi ristretti (la stanza più comoda ha tre posti letto), ed a convivere con altri malati che certamente non ti aiutano a superare la proprie crisi; nel migliore dei casi stiamo parlando di persone in crisi depressive acute. Gente che piange senza un apparente motivo, gente che parla o grida istericamente, gente che si lamenta come bambini, gente che percorre chissà quante volte al giorno quei dieci metri di corridoio per passare il tempo, gente eternamente in cerca del medico o dell’infermiere per dirgli il proprio malessere.

Non c’è stipendio sufficiente a retribuire l’opera dei medici e degli infermieri che ho visto prodigarsi per quei malati in condizioni così precarie.

Non esiste una sala in cui fare le prestazioni in Day Hospital; il malato che deve fare la terapia si mette dove trova posto (su qualche letto vuoto, nel corridoio, nella “sala pranzo”, e li in mezzo agli altri ammalati che gli raccontano i propri guai, si fa la sua flebo.

Mentre osservavo questo piccolo girone infernale, una domanda mi è venuta spontanea: il Direttore Sanitario porterebbe in questa struttura ospedaliera un parente? Ho dubitato parecchio, e lo stesso dubbio mi è venuto pensando ai Presidenti di Provincia e Regione.

Per pura curiosità leggo “Domani Liberi”, il mensile di politica, cultura ed informazione su Trapani e dintorni. Mi ha incuriosito il titolo, anche se io avrei preferito “Oggi Liberi”, ma avete già espresso la vostra opinione al riguardo. Mi ha sempre incuriosito la nascita di un nuovo giornale! È vero che la pluralità d’informazione è sinonimo di libertà e di democrazia, tuttavia io vi leggo anche un segno di partigianeria e di ipocrisia dilagante. È mai possibile che per farsi un’idea di qualsiasi avvenimento bisogna comprare 5 o 6 giornali? È mai possibile che per fare sentire la propria voce bisogna fondare, dare vita a un proprio giornale?

I tre punti elencati da Mimmo Scarcella nel suo Editoriale nel n. 3 (gennaio 2005) mi lasciano ben sperare che qualcosa si muova in questa “città di morti” (lo dice Pirandello che se ne intendeva) e mi auguro che un’inchiesta ovvero una richiesta di chiarimenti alla Direzione Sanitaria dell’Ospedale S. Antonio Abate sulla struttura insufficiente del Reparto di Psichiatria, trovi almeno lo stesso spazio concesso alla storia dei libri che nessuno vuole.

Lo esige l’Uguaglianza (così scarsa in questi tempi), lo richiedono quei cittadini/ammalati che non hanno voce (che vuoi che stia a sentire dei matti?) lo reclama la Giustizia, quella vera, che non ammette vacue giustificazioni e che non s’accontenta di grandiosi progetti che resteranno tali.

Mi sono sfogato! Dante dice che gli ignavi vengono sdegnati dal cielo e dall’inferno stesso, perciò dopo quel poco che ho visto non potevo stare zitto.

Con l’occasione auguro ai coraggiosi (o devo dire eroi?) che intendono fare un’informazione libera, i miei più sinceri auguri.

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