“Ruina”: Barone uomo di fiducia di Tranchida e di Pidone

Salvatore Barone, parafrasando la nota commedia, era “servo di due padroni“.

Un servizio era svolto in maniera pubblica e trasparente, come uomo di “FIDUCIA” del Socio Unico dell’ATM, ossia il sindaco di Trapani – Giacomo Tranchida – per il quale ha continuato a lavorare nonostante fosse pensionato, svolgendo l’incarico di presidente dell’azienda di trasporto urbano: l’ATM SpA [1].

L’altro rapporto, invece, benché svolto contemporaneamente, era meno conosciuto, per lo più occulto, almeno fino al fermo giudiziario ordinato dal Magistrato.

Salvatore Barone, infatti, era anche uomo di “FIDUCIA” di Nicolò Pidone [2], personaggio da poco uscito dal carcere per una precedente condanna per MAFIA e capomafia di Calatafimi, per il quale svolgeva l’incarico di presidente dell’azienda vinicola Kaggera.

Questa naturalmente è solo l’ipotesi accusatoria della Magistratura inquirente – ovvero dei procuratori Francesca Dessì e Pierangelo Padova – che lo ha fermato negli scorsi giorni con l’infamante accusa prevista e punita dallo « articolo 416 bis » ovvero « per avere fatto parte, unitamente ad altri, dell’associazione mafiosa Cosa nostra » ed, in particolare, « per aver partecipato alla famiglia mafiosa di Calatafimi Segesta », area rientrante nel mandamento mafioso di ALCAMO.

Sarà poi la Magistratura giudicante a valutare, nel corso del processo, la validità dell’impianto accusatorio, le prove indiziarie, le foto degli incontri tra Barone e Pidone, oltre le registrazioni foniche e le testimonianze, ed a decidere sulla colpevolezza, o meno, di Barone e degli altri fermati.

Per i magistrati, era il capomafia Nicolò Pidone a dirigere la Cantina

I Magistrati inquirenti però ne sono certi, tant’è che nella ordinanza di fermo, scrissero: « dalle indagini svolte, è emerso che Nicolò Pidone ha esercitato il controllo mafioso su una delle attività economiche più redditizie del territorio di Calatafimi Segesta, ovverosia quella vinicola svolta dalla “Kaggera Società Cooperativa”, di cui è Presidente del Consiglio di amministrazione Salvatore Barone e componente del Consiglio Gaetano Placenza ».

Certi sarebbero degli incontri tra Barone e Pidone, nella campagne di Calatafimi. Dalle intercettazioni risultava, infatti che « il Pidone riferiva di aver convocato il Barone presso la propria abitazione per il tramite del figlio (Pidone: “gliel’ho detto a suo figlio, gli ho detto di farlo venire”), come effettivamente riscontrato dal sistema di videoripresa ».

Le seguenti immagini, come quelle di testa dell’articolo, lo dimostrerebbero.

Risulterebbero, inoltre, agli atti d’indagine, « una serie di vicende chiaramente dimostrative dell’asservimento di tale attività economica alle volontà del sodalizio mafioso, alla direzione del capo mafia Nicolò Pidone e alle esigenze di sostentamento degli appartenenti allo stesso sodalizio ».

Barone assumeva familiari di malavitosi presso la Cantina Kaggera

In particolare, le accuse verterebbero intorno all’assunzione, presso la cantina, di personaggi legati al Pidone: « è stato accertato che Nicolò Pidone ha disposto [ « facendola assumere direttamente dal suo Presidente », Barone, NdR] che presso la cantina venisse assunta Alexandra Altin, moglie del detenuto Bruno Bruccoleri ».

In un’altra intercettazione telefonica del 28 settembre 2019, Barone confermava « di aver assunto di recente “la moglie di Bruno” […] a Giuseppe Gennaro, affiliato alla famiglia di Calatafimi, che nessun interesse avrebbe avuto se non quello che trova la propria radice nell’affectio societatis ».

L’attenzione verso il sostentamento dei familiari dei malavitosi non era un fatto isolato.

« Ancor più di recente – scrivono i Magistrati –, sono state registrate ulteriori conversazioni dalle quali è emerso che il Barone ha assunto, presso la medesima cantina, anche Veronica Musso, figlia del mafioso Calogero; assunzione che, anche in tal caso, rispondeva a una precisa volontà di Cosa nostra ».

Nel merito, scrivono i Magistrati, « Placenza rassicurava il Barone che entrambi avevano “fatto la loro parte” e ciò solo per rispettare e tenere fede al vincolo di solidarietà con il capo mafia di Vita Calogero Musso ».

Il voto decisivo di Barone nell’assunzione del Direttore di ATM

Se le assunzioni di questi disoccupati hanno inguaiato il Barone-imprenditore del vino, quasi come segno del destino, l’ultimo atto della sua presenza in ATM è stata l’assunzione del nuovo direttore generale Massimo La Rocca, assunzione contestata da due membri del Consiglio d’Amministrazione e conclusasi favorevolmente “a maggioranza” solo per effetto del suo voto decisivo [3].

Anche quegli atti risulterebbero all’attenzione della Procura, per voluntas e mano dello stesso Socio Unico [4].


Fonti e Note:

[1] NataleSalvo.it, 16 dicembre 2020, “Ruina, Garuccio : Tranchida si costituisca contro Barone

[2] « Nicolò Pidone è stato definitivamente condannato per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p. con la sentenza n. 1780/13 R.S. emessa dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Palermo il 20 dicembre 2013 nell’ambito del procedimento penale n. 20445/09 R.G.N.R. (scaturito dall’operazione nota come “Crimiso”), confermata dalla Corte d’appello con la sentenza n. 2381/15 R.S., divenuta definitiva.
Nel corso del processo a suo carico, in particolare, era stata accertata la sua partecipazione fin dal 2009 alla famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo, retta in quegli anni da Michele Sottile in ragione dello stato di detenzione del suo storico capo Francesco Domingo.
Il Pidone, scarcerato il 17 marzo 2017, è stato poco dopo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Calatafimi – Segesta per tre anni con provvedimento che ne ha riconosciuto per l’ennesima volta la indiscutibile caratura criminale ».

[3] NataleSalvo.it, 20 giugno 2020, “ATM col giallo: la Procura indagherà su atti concorso vinto da La Rocca

[4] TrapaniSì, 2 luglio 2020, “ATM, Giacomo Tranchida porta le carte in Tribunale

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