STOP ALLA CITTA’ DEI FAVORI

Una reprimenda – così la definisce il cronista Emanuele Lauria – nei confronti della politica che tollera la vicinanza con i boss, che non condanna le collusioni, che alimenta o non si oppone al sistema del diritto trasformato in favore. È l´atto d'accusa che, nel giorno in cui l´antimafia segna un punto a favore calando la rete sul clan Lo Piccolo, riporta sul banco degli imputati le istituzioni siciliane. A pronunciarlo è il procuratore aggiunto Alfredo Morvillo, il magistrato che ha coordinato l´inchiesta Occidente, fratello della moglie di Giovanni Falcone.

Morvillo pone l´accento sull'esigenza di una moralità delle istituzioni «che dovrebbero essere da esempio per i cittadini, commercianti o imprenditori». Morvillo continua nel suo sfogo, additando la «triste» Palermo: « Dalle intercettazioni emerge che tutto si basa sui favori in questa città. Ciò che spetta per diritto viene fatto come un favore ».

« Come possiamo chiedere ai commercianti di denunciare gli esattori del pizzo – dice Morvillo – se in questa città vi sono continui messaggi, segnali e collusioni da parte di esponenti delle istituzioni, che proseguono o tollerano la vicinanza con i mafiosi? ».

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Nella relazione che il presidente della Corte d´appello, Carlo Rotolo, in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario ha annotato come «Sono stati acquisiti elementi significativi sui rapporti degli esponenti di vertice dell'organizzazione [mafiosa, Ndr] con esponenti del mondo politico e sul perseguimento di una strategia volta non solo ad appoggiare nelle competizioni elettorali candidati ritenuti di assoluta fiducia ma a ottenere anche l'inserimento nelle liste dei candidati di persone ancora più affidabili perché legate agli stessi "uomini d´onore" da vincoli di parentela o da rapporti ritenuti di eguale valore».

A conferma dell'esistenza della "zona grigia" e dei rapporti che Cosa nostra intrattiene «con settori collusi dell'economia, delle istituzioni e della pubblica amministrazione», il magistrato ricorda l´arresto per associazione mafiosa del deputato regionale Giovanni Mercadante e le dichiarazioni del politico pentito Francesco Campanella (uno dei principali accusatori nel processo al presidente della Regione Cuffaro).

« I discorsi pronunciati ad apertura dell'anno giudiziario hanno – ricorda la cronista Amelia Crisantino – in genere vita breve. I magistrati analizzano e denunciano, le loro parole sono commentate dai politici e dalla stampa. E vengono subito dimenticate. Così ogni anno. Nel 1874 era già il Procuratore Floreno a denunciare gli “infiltramenti corrosivi” che “la mafia, questa catena di clientele e di favoreggiamenti, questa torpedine sott'acqua” causa nella vita del popolo ».

( da Repubblica del 26-27 gennaio 2007 – Edizione di Palermo)

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