Trapani: L’ANM contro la responsabilità civile dei magistrati

Trapani, lì 13 gennaio 2015 – Sabato mattina le “toghe” trapanesi invitano la Città in Tribunale. Non per una visita “monito”, dall’aspro sapore di un giustizia “in parrucca” che avvisa i cittadini su cosa devono temere in caso di violazioni alla Legge, ma per “regalare” la propria versione sul funzionamento della macchina giustizia, a Trapani ed in Italia, sulla riforma della giustizia in corso di approvazione in Parlamento e per chiedere sostegno e solidarietà contro questa riforma che loro, le “toghe”, almeno quelle aderenti all’ANM, l’Associazione Nazionale Magistrati, bollano per «punitiva per i magistrati».

I magistrati, giudici e pubblici ministeri assieme, da Caterina Brignone ad Alessandra Camassa, da Franco Belvisi ad Andrea Tarondo, da Arianna Lo Vasco a Fiammetta Lo Bianco, da Anna Trinchillo a Piero Grillo ecc, si alterneranno, con momenti artistici e proiezioni di brevi video presi in prestito da Youtube, a spiegare le proprie ragioni e le proprie idee.

PER I MAGISTRATI: “RESPONSABILITA’ CIVILE” E’ UGUALE AD INGIUSTIZIA PER I DEBOLI

Appare evidente che la riforma che le “toghe” vedono come “fumo negli occhi” è quella della “responsabilità civile del giudici”, «La spada di Damocle», la chiamano, infatti nel comunicato inviato alla stampa.

Oggi i Giudici, infatti, sono responsabili civilmente solo per «dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni, ovvero per diniego di Giustizia». E’ pure previsto che chi si sente leso attivi «l’azione contro lo Stato». Lo Stato, in caso di riconoscimento del danno, ha la «facoltà di rivalsa sul magistrato».

La riforma, invece, prevedrebbe la possibilità per il cittadino (imputato) che si ritiene danneggiato, di attivarsi direttamente contro il magistrato ed anche per il “semplice” caso di «travisamento del fatto o delle prove» e, in ogni caso, la rivalsa dello Stato sul magistrato diverrebbe obbligatoria.

ANMAd avviso dell’Associazione Nazionale Magistrati, ciò ricondurrebbe ad impedire alla categoria di adottare, nei procedimenti, una «qualsiasi decisione serena e libera». I magistrati sostengono che «non possono tollerare limitazioni che discendano da simili prospettive di responsabilità civile» poiché il loro compito, il loro lavoro, «ha contenuto fortemente e tipicamente valutativo». In definitiva, «i magistrati saranno in balia di timori e condizionamenti e la qualità delle decisioni sarà compromessa».

Già in passato, nel 2012, quando fu avviato un primo tentativo del Parlamento di mettere mano a tale norma, il Consiglio Superiore della Magistratura aveva espresso una sonora bocciatura: «Di fronte alla praticabilità ampia dell’azione diretta – aveva stabilito il Csm – il magistrato, destinato a scegliere tra tesi contrapposte, potrebbe essere condizionato e influenzato in tale scelta e portato a preferire la soluzione che lo possa meglio preservare dal rischio dell’esercizio dell’azione diretta».

Il tema, è evidente, è delicato. Quale equilibrio trovare fra “responsabilità” ed “indipendenza”?

Sarebbe da ascoltare l’altra campana, quella di Renzi e del “suo” Parlamento. Proveremo a ricercare, in rete, anche le loro ragioni ed a prospettarle in questo blog.

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