Ecco perché il consigliere Lipari ha querelato i colleghi Patti e Virzì

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Che dall’agone politico si scivoli a quello penale non è una rarità, purtroppo ! Le cronache locali e non, infatti, sempre con maggiore frequenza di tanto ci informano, tant’è che odora ancora di inchiostro la querela contro l’ex candidato sindaco ed ex editore Giuseppe Bologna, ad opera del sindaco Giacomino Tranchida.

In aggiunta, Marzia Patti, consigliera comunale di Trapani, ha appena reso noto di essere stata querelata dal consigliere Giuseppe Lipari.

Della vicenda “Bologna/Tranchida si conosce poco, ma parrebbe consequenziale ad una valutazione esternata dal Bologna, risultata non gradita al destinatario Tranchida. Per ulteriori particolari bisognerà attendere il prossimo 2 aprile 2020 quando si svolgerà la prima udienza in Tribunale.

Marzia Patti, invece, si è pubblicamente lamentata di essere stata oggetto di querela per diffamazione, ma ha scelto di non rendere noti i motivi.

Per meglio capire abbiamo chiesto a fonte certa, apprendendo i motivi che starebbero alla base della ipotizzata diffamazione in danno del consigliere Giuseppe Lipari.

Preliminarmente, va precisato che il filone di indagine interessa non solo la Patti, ma anche un altro consigliere: Giuseppe Virzì, noto ai più per essere altresì il responsabile dell’Oratorio Salesiano di Trapani.

In sintesi, Lipari ha querelato i due con i quali militava, fino a pochi mesi addietro, nel Gruppo Politico “Lista Tranchida il Sindaco per Trapani” nella quale erano confluiti i cosiddetti giovani (“under 40” in verità) che avevano sostenuto il candidato sindaco Giacomino Tranchida, poi risultato eletto “a prima botta“.

Perché, dunque, cotanta querela ?

Alla base v’è la rottura del rapporto politico tra il consigliere Giuseppe Lipari e il sindaco Giacomino Tranchida, ma le ragioni della querela si fondano sulle dichiarazioni rese alla stampa, con le quali si avventurano i due querelati lo scorso 22 luglio 2019.

L’anteprima: Patti e Virzì avrebbero diffuso un comunicato diffamatorio

All’epoca, infatti, i giornali TP24 [in forma integrale, clicca sul link del giornale marsalese per leggerlo], TrapaniSì e Telesud diffusero la notizia di un (presunto) documento politico partorito e sottoscritto da 22 dei 24 componenti della “Lista Tranchida il Sindaco per Trapani”.

Non lo firmarono certamente Luca Schiacchitano ed ovviamente Lipari; il primo, si disse, si era esplicitamente dissociato dai contenuti del documento politico che sosteneva, falsamente secondo Lipari, che i componenti della Lista avevano preso « definitivamente le distanze dal Consigliere Giuseppe Lipari ».

Ancora il documento politico in argomento, conteneva espressioni ed accuse che, a parere del Lipari, avevano solo il fine di discreditarlo.

Per onestà intellettuale, letto l’atto querelatorio, non comprendiamo le necessità né del “documento politico”, né l’uso delle “accuse” nello stesso riportate. Accuse aspre e personali.

L’accusa di Lipari: Falsa la paternità del comunicato

L’indomani, a conferma della tesi sostenuta da Lipari, Luca Sciacchitano dichiarò al giornale TP.24 che « molti dei candidati non erano neanche a conoscenza del documento e/o non lo avevano sottoscritto ».

Questo, secondo Lipari, dimostrerebbe « la falsità in merito alla paternità del comunicato » che sarebbe stato diffuso da Patti e Virzì.

Chi ha ragione in questa storia lo dirà la Magistratura, unico Organo deputato ad ascoltare le parti ed i numerosi testimoni indicati dalla parte offesa, ma parrebbe che Lipari sappia il fatto suo.

Una cosa è certa, però, in questa vicenda. Il consigliere Giuseppe Lipari, da quando. per sua scelta meditata, è uscito da sotto l’ala protettrice del sindaco Giacomino Tranchida, per essersi convinto della perdurante incoerenza del modus di amministrare di quest’ultimo, è finito al centro di una azione, proveniente da più direzioni, finalizzata alla sua emarginazione e di diffuso discredito.

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