GRANDE FRATELLO: VIOLA LA PRIVACY

In «1984» George Orwell ipotizzava una possibile società del futuro, in cui l’intera popolazione mondiale viveva sotto un rigidissimo controllo politico e sociale, attuato mediante l’uso di sofisticati dispositivi tecnici di ripresa audiovisiva.
Questi strumenti catturavano e registravano al loro interno le immagini di persone che, ignare, divenivano loro vittime, spiate e per di più inconsapevoli di esserlo.

È proprio in questo romanzo che viene coniato per la prima volta il termine “Grande Fratello”, simbolo di un’oppressione totalitaria che impedisce qualsiasi manifestazione di libero arbitrio, attraverso l’incessante controllo di questo occhio meccanico a cui nulla sfugge. Indubbiamente, lo scenario prefigurato da Orwell è soltanto un’estremizzazione di una eventuale realtà che chiunque di noi spera non si concretizzi mai.

Da qualche tempo, a Trapani, ha preso vita un progetto basato su sistemi di video-sorveglianza mediante l’installazione di telecamere sui pali dell’illuminazione pubblica.


Il sistema di video-sorveglianza sarà attivo 24 ore su 24 in potenziali centri nevralgici di traffico cittadino, veicolare e urbano, come in via Fardella, via Garibaldi e il lungomare Dante Alighieri.

L’ubicazione del sistema è stabilita dagli organi di sicurezza, i quali hanno collaborato per la realizzazione degli impianti. L’appalto per l’installazione delle telecamere è stato aggiudicato da una cordata di imprese per l’importo di 1.685.973 euro oltre iva.

Nel comunicato stampa del 28 Marzo 2006, il Comune adduce che le telecamere saranno utilizzate per garantire la sicurezza, con «sorveglianza di ambiti urbani caratterizzati dalla forte presenza di pedoni […] sorveglianza dei percorsi stradali maggiormente utilizzati da manifestazioni pubbliche e cortei».

È semplicistico, forse utopico, immaginare che con l’installazione delle telecamere riusciremo a combattere i fenomeni devianti che si verificano nelle nostre strade.

Dissentire da ciò che potrebbe essere utile come dannoso è però azzardare un po’ troppo; certo è che non ci piace essere spiati, cresce in noi la voglia di riservatezza e crescono proteste e ricorsi per la violazione della privacy, eppure continuiamo a essere ripresi involontariamente senza possibilità d’appello da questo sistema di controllo sociale in tumultuosa espansione.

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