L’Italia è in guerra nell’ex colonia Libia ma non l’ammette

guerra soldato

Secondo un recente sondaggio, l’80% della popolazione italiana è contraria al coinvolgimento del proprio Paese nei combattimenti nel territorio dell’ex colonia Libia.

Sicuramente gli italiani conoscono la storia della Libia, dalla conquista italiana del 1911 sino al colpo di stato incruento di Gheddafi che rovesciava la monarchia del 1969 e ben riportata dall’Agenzia “Pressenza” per i più smemorati.

E sanno che l’unico interesse occidentale sulla Libia è quello del controllo dei pozzi di petrolio.

Nonostante ciò l’Italia è ampiamente coinvolta nella guerra civile libica.

Il primo ministro Matteo Renzi, a capo di un «governo di centro-destra» spiega il giornale “Jeune Afrique, non solo ha permesso agli aerei ed ai droni americani di utilizzare lo spazio aereo italiano e le sue basi militari al fine di bombardare la regione della Sirte ma ha altresì inviato delle “forze speciali” – una cinquantina di uomini sembrerebbe – in Libia.

La nuova guerra in Libia: prospettive buie

«Il Movimento Cinque Stelle, la forza più popolare del Paese – precisa ancora il giornale africano – si è indignata ed ha accusato Matteo Renzi di abusare» delle norme legislative.

Se è vero che la missione è dichiarata come solo di “formazione” delle forze militari di Tripoli è anche vero che già sono morti tre militari francesi, coinvolti nelle stesse azioni di “formazione”, e non certo di morte naturale!

Il ministro Paolo Gentiloni ha risposto ad un intervistatore di non volere commentare «operazioni coperte da segreto della difesa».

Il timore – come ricorda già l’11 marzo 2016 l’agenzia di stampa “Pressenza” riportando il pensiero di alcune organizzazioni – è che così non si arrivi mai alla pace: «A partire dalla dissennata guerra lanciata dalla Nato nel 2011 contro il regime di Gheddafi … la Libia è precipitata nel caos e nella guerra intestina. Non solo. Quella guerra ha posto le basi per altri conflitti. È ormai risaputo e documentato che il saccheggio di vasti arsenali di armi del colonnello durante l’operazione della Nato ha alimentato la guerra civile in Siria, rafforzato gruppi terroristici e criminali dalla Nigeria al Sinai e destabilizzato il Mali».

[FONTE: giornale “Jeune Afrique” – 11 agosto 2016]

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