TRAPANI: PIZZO E PIZZINI

Bernardo Provenzano

Bernardo Provenzano

TRAPANI – Si fa presto a dire: «Via dalla Confindustria gli imprenditori che pagano il pizzo e i collusi con la mafia». Il presidente dell’associazione Luca Cordero di Montezemolo ha avuto il coraggio di mettere al centro dell’attenzione il problema del rapporto tra economia e mafia . Ora però bisogna passare dagli slogan ai fatti. ‘L’espresso’ ha fatto un giro nelle tre regioni più colpite dal racket, Campania, Calabria e Sicilia, e ha scoperto una realtà complessa fatta di aziende che resistono al racket ma anche di tante, troppe realtà che continuano a pagare o, peggio, si affidano alle cosche per selezionare i lavoratori e i fornitori.

Il più moderato tra i leader provinciali è il rappresentante di Trapani: Davide Durante. Alla fine degli anni Novanta suo fratello Nino, socio nelle imprese di famiglia, figurava nelle intercettazioni e nei pizzini di due uomini del boss Matteo Messina Denaro. Lo definivano «un amico che avevano più volte favorito nell’aggiudicazione dei lavori» e lo invitavano a sborsare il 2 per cento dell’appalto. Oggi Davide Durante annuncia una linea rigorosa, ma nel 2006 ha scelto come vicepresidente Giuseppe Marceca, [approfondisci i suoi rapporti con Giuseppe Virga anche per la propria eventuale candidatura con "Sicilia Libera" su Cuntrastamu e sul libro "Bernardo Provenzano: il ragioniere di Cosa Nostra", NdR] un imprenditore che ha patteggiato una sentenza per favoreggiamento alla mafia e che ora si è dimesso.

A Trapani la Squadra mobile guidata da Giuseppe Linares ha svelato una cupola composta da mafiosi e imprenditori (alcuni dei quali aderenti a Confindustria) che si spartivano i lavori. Eppure a parole tutti appoggiano la svolta. Perché? «L’ala militare della mafia è stata decimata e tutti hanno capito che ora le indagini saliranno al livello imprenditoriale», spiega un inquirente che vuole restare anonimo: «Chi ha prosperato sul patto con la mafia cerca disperatamente di rifarsi una verginità salendo sul carro dell’antimafia».

Così capita di vedere un imprenditore legato ai boss che insegna la legalità nelle scuole. E un altro che, dopo aver pagato il pizzo, fonda un’associazione anti-racket. A Trapani la lezione del Gattopardo è sempre attuale: bisogna cambiar tutto perché non cambi nulla.

(Tratto da L’Espresso, n. 51 di Venerdì 21 dicembre 2007 – articolo a firma di Marco Lillo)

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