INFERNO: ANDATA E RITORNO

Sul tema dell’immigrazione clandestina si stanno montando inquietanti speculazioni politiche ed operazioni eversive” (Giuseppe Pisanu, Mi-nistro degli Interni). “La lotta ai CPT è uno dei fronti dell’azione anarchica” (prefetto Carlo Di Stefano, capo dell’antiterrorismo). A leggere queste dichiarazioni riportate sulla stampa nazionale pochi giorni addietro (Repubblica, 25 maggio), siamo rimasti sconcertati. L’assunto che chi non ritiene lo strumento dei CPT (Centri permanenza temporanea) sia strumento valido per affrontare la problematica della migrazione sud-nord è, automaticamente, un anarchico, o peggio un eversivo, ci sembra gravissimo e pericoloso. Abbiamo chiesto notizie sui CPT a Nicola Lombardo, esponente trapanese della Rete Antirazzista Siciliana.

Nicola, quali sono le condizioni dei migranti nei CPT, i centri di permanenza temporanei?

Il deputato regionale Lillo Miccichè prima e le senatrici Acciarini e De Zulueta hanno visitato il cpt di Lampedusa ed hanno costatato l’assoluta inumanità delle condizioni di vita nel campo: cessi senza porte al centro del campo, spazzatura dappertutto, fetore insopportabile, liquami, letti composti solo da un foglio di gommapiuma senza alcun lenzuolo né coperta, direttamente poggiati a terra. Scarsità d’acqua per l’igiene personale. In questi posti dove ufficialmente possono vivere 190 persone sono vissuti più di 650 immigrati contemporaneamente, in quali condizioni è facile immaginarlo. Come definire questo insieme di cose? Un centro d’accoglienza? (N.d.R. risate di sottofondo) Una stalla? Un lager? Per essere come questi ultimi mancano solo le camere a gas o i campi di lavoro forzato.”

A marzo, tu stesso, insieme con esponenti dell’Arci, della CGIL, di Emergency, sei stato a Lampedusa: che impressioni hai ricevuto?

Quasi sicuramente i migranti non erano stati identificati, non avevano potuto telefonare (il telefono al campo era misteriosamente rotto), non avevano ricevuto la visita di un avvocato, non erano stati informati dai loro diritti, anzi era stato fatto di tutto per tenerli all’oscuro. Erano in pratica dei fantasmi. Tutti noi abbiamo un documento d’identità, che garantisce del nostro essere cittadino, che a sua volta ci impone un miscuglio variabile di regole e libertà. Loro non esistevano. Teoricamente la loro esistenza era affidata ad un elenco nel cpt. Ma questi elenchi non sono divulgati molto facilmente, e quando lo sono rivelano incongruenze micidiali. Tra i deportati dell’Ottobre scorso c’era una percentuale altissima di Mohammed Alì. Come se in una comunità rappresentativa di italiani ci fosse una marea di Mario Rossi. E’ palesemente evidente, che costoro non erano stati identificati”.

Risponde al vero, pertanto, l’affermazione che il Governo italiano opera in barba a tutte le leggi nazionali ed internazionali?

La legge italiana prevede che il provvedimento d’espulsione sia “individuale”, e cioè che si sia certi dell’identità del migrante, che si valuti se ha i requisiti legali per la permanenza in Italia, e in caso contrario che il trasferimento coattivo alle frontiere venga convalidato da un giudice di pace. Nessuno ha mai visto questi provvedimenti, che essendo atti pubblici dovrebbero essere a disposizione di chiunque. Visto che tutto questo non può essere avvenuto, siamo in presenza di una violazione della legge. Persone detenute in un centro di permanenza temporanea per periodi anche superiori ai requisisti di legge per il fermo di Polizia, che non sono identificate, che vengono arbitrariamente caricate su un aereo e portate arbitrariamente in un paese qualsiasi, la Libia, non sono semplicemente persone trasferite, sono gruppi consistenti di persone che vengono deportate. Queste sono dunque “deportazioni di massa”.

Che fine fanno in Libia?

Ad Ottobre ci sono già state deportazioni dirette verso la Libia, e si sa (L’Espresso, 24 marzo 2005) che il governo libico ammette ufficialmente la morte di 106 di queste persone durante il trasferimento dall’aeroporto di Tripoli verso le frontiere nel deserto. 106 persone. 1, 2, …. 106 persone. Ufficialmente. Il Governo italiano si è reso complice della morte colposa di questi uomini”.

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