MIO FIGLIO PRIGIONIERO DEI VIDEO-POKER

«Pur di non rinunciare agli introiti del gioco d’azzardo lo Stato si rende complice delle disgrazie altrui» – E’ il grido d’allarme di un genitore, che esce allo scoperto per segnalare l’urgenza di  adottare misure di contenimento del fenomeno al fine di limitare i danni che possono derivarne per le personalità più vulnerabili.

A parlare è Gaspare Giliberti, pensionato, ex-Direttore di Segreteria della Commissione Tributaria di I°di Trapani. Suo figlio, un bravo ragazzo ma affetto da gioco d’azzardo patologico, rivolto in particolare ai videopoker,  che lo porta a sperperare l’intero stipendio ed a contrarre debiti ovunque pur di finanziarsi  il “gioco”.

Si tratta di una autentica malattia sociale, la cui pericolosità è stata denunciata pure dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Malgrado l’art. 721 del Codice Penale definisce gioco d’azzardo quello nel quale ricorre il fine di lucro e la vincita, o la perdita, sia quasi interamente aletoria, e vieti l’apertura di case da gioco, vengono consentite sempre nuove  aperture di punti di gioco d’azzardo sotto forma di lotterie, lotto, scomesse sportive, gratta e vinci, videopoker, ecc.

Ed è doloroso constatare che è lo stesso Governo che propone e diffonde, con spot promozionali abbacinanti in TV, tali strumenti di “gioco”, al fine di trarne vantaggi per la pubblica finanza.

E tutto ciò con l’aggravante che i giocatori appartengono alle fasce sociali più svantaggiate sia a livello economico che culturale.

«Chi viene coinvolto nel gioco – prosegue Giliberti – è l’ammalato, il psicolabile, il disoccupato, il cassintegrato, il lavoratore precario, il pensionato magari a 400 euro al mese. Insomma tutte quelle persone che avrebbero bisogno d’aiuto per sè e le proprie famiglie e che invece vengono danneggiate a tal punto da renderle disperate, pronte a distruggere se stesse e le proprie famiglie».

Gaspare Giliberti non si è dato per vinto, e, presa carta e penna, ha scritto all’on. Rosi Bindi, ministro della famiglia.

Di cosa tratta la sua lettera?
«L’argomento è il gioco d’azzardo, anzi per meglio dire dell’azzardo puro, vero e proprio. L’uso del termine gioco, infatti, secondo me è improprio e fuorviante; il termine gioco evoca sentimenti positivi, l’azzardo invece evoca sentimenti di rabbia, di disperazione, di morte, di delitto».

Cosa chiede Lei al Ministro?
«Chiedo di debellare questo immane flagello, che sta travolgendo migliaia e migliaia di interi nuclei familiari, portandoli sul lastrico e alla disperazione. I soldi ed i risparmi, spesso frutto di tanti sacrifici di genitori, nonni, e perché no, di figli e delle mogli finiscono nelle tasche dei gestori dei giochi d’azzardo, degli usurai e delle finanziarie».

Che soluzioni esistono, oggi, a questo problema?
«L’impegno della Guardia di Finanza è di certo molto utile, in quanto essa ha più volte sventato delle truffe, scoprendo macchinette taroccate in modo di estorcere più soldi in un tempo molto breve agli avventori».

«Tuttavia sarebbero utili ulteriori iniziative destinate agli operatori delle agenzie di gioco (bar, ricevitorie, sale giochi) affinché possano intervenire nel contenimento delle forme autodistruttive di gioco, coerentemente alla filosofia del “gioco responsabile” già adotatta con successo in altri paesi europei».

Occorrebbe, infine, che chiunque governi eserciti «una politica finalizzata alla realizzazione di principì, di sani principì, e non di risultati, spesso non sani».

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