PELLEGRINO CORROTTO E PRESCRITTO

Bartolo Pellegrino

Bartolo Pellegrino

TRAPANI – «Le dichiarazioni di Antonino Birrittella, Antonino Figuccio, Giuseppe Buscaino, Giuseppe Todaro, Vito Augugliaro e, in misura più ridotta, quelle di Vito Giacalone nonché l’esito delle intercettazioni ambientali consentono di ritenere raggiunta la prova dell intervenuta promessa di corruttela del Pellegrino al fine di un suo positivo intervento sul Piano regolatore e sull’iter di approvazione dei programmi costruttivi». E’ quanto si legge nelle motivazioni della sentenza che, lo scorso 19 dicembre 2009, ha mandato assolto, per avvenuta prescrizione, l’ex on. Bartolo Pellegrino.


Secondo i giudici, Antonino Birrittella, «pentito» e principale accusatore dell’ex assessore regionale, è credibile. «Birrittella fornisce indicazioni dettagliate, precise, coerenti. Peraltro il dichiarante, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa che ha cercato in più occasioni di sminuire l’apporto della fonte, ha riferito numerosissimi fatti che non erano ancora a conoscenza dell’Autorità Giudiziaria. Birrittella supera senz’altro il vaglio dell’attendibilità intrinseca».

Tuttavia, secondo i Giudici, l’aggravante di aver agevolato l’organizzazione mafiosa «non può ritenersi integrata … quasi per automatismo, nel semplice fatto che l’agente, con la condotta posta in essere, ha in qualche modo agevolato una persona facente parte di un sodalizio criminoso ma è necessario che l’azione superi il rapporto interpersonale e sia diretta ad agevolare l’attività di questo sodalizio, con piena coscienza da parte dell’agente della prospettiva in cui si muove. Ne segue che, se tale coscienza difetta o se non sono acquisiti elementi che conclamino la direzione lesiva della condotta incriminata anche verso l’obiettivo di agevolare l’attività dell’associazione … » il Pellegrino non può essere condannato per tale reato.

In sostanza, siamo ad una lettura della norma, da parte dei Giudici, simile a quella fatta nel caso di Totò Cuffaro, il presidente della Regione sicilia, di cui, per un certo periodo lo stesso Bartolo Pellegrino era pure stato vice: Bartolo Pellegrino non sapeva che i suoi interlocutori appartenessero all’organizzazione mafiosa.

Tuttavia, proseguono le motivazioni della sentenza, «in base alle risultanze probatorie oggettivamente emerse, il Pellegrino ha in sostanza accettato una promessa di corruzione che proveniva dal mondo della cooperazione, supportata dall’intervento di un imprenditore facoltoso e spregiudicato (Birrittella, NdR) che in tale veste poteva dunque garantire il pagamento della prevista tangente».

«Può ragionevolmente sostenersi, che le cooperative verosimilmente utilizzavano il sistema dell’alterazione dei computi metrici come prassi sistematica, dal momento che dovevano pagare le tangenti».
, scrivono ancora i Giudici.

In sostanza, si legge ancora nella sentenza, «L’operazione Villa Rosina, nella prospettiva dell’imputato Pellegrino, si qualifica («solo», NdR) in termini di condotta illecita inserita in un sistema, purtroppo diffuso, di corruttela politica». Pellegrino, sostengono i Giudici, era una «una figura di politico che di certo non si sottraeva ad oscure relazioni di stampo affaristico clientelare con il mondo imprenditoriale … verosimilmente inquadrabili in contesti di potenziale corruttela o comunque di disponibilità in cambio di appoggi economico-elettorali».

Tuttavia, l’accusa di sola «corruzione», va in prescrizione.

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